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«È come se fossi rinato per la seconda volta». Una risposta telegrafica, ma che riassume pienamente il dramma vissuto da Giampaolo Marotta, 43enne di origini battipagliesi, che fino a un mese fa trascorreva tranquillamente la sua vita al fianco della moglie, Marianna Procida, nella limitrofa Bellizzi. Poi, ha dovuto fare i conti con il mostro dei nostri tempi, il Covid-19.

Che lo ha catapultato nell’inferno delle terapie intensive, in quelle stanze degli ospedali sempre più affollate, dove nell’ultimo anno chiunque entri non sa se farà ritorno a casa. Giampaolo ce l’ha fatta, alle prime luci dell’alba d’un Sabato Santo decisamente sui generis, il 43enne battipagliese è tornato a casa dopo un calvario durato circa trenta giorni. Era il 6 marzo quando Giampaolo s’è ammalato. Lievi sintomi influenzali. Qualche colpo di tosse e un po’ di spossatezza. Niente che lo facesse preoccupare. Tre giorni più tardi, però, il virus ha cominciato ad aggredirlo.

«Sono peggiorato – racconta Marotta – in maniera seria. Al punto tale che hanno dovuto allettarmi a casa». Il 14 marzo è necessario addirittura il ricovero. «Mi hanno ricoverato all’ospedale di Eboli – prosegue – dove ho trascorso due notti terribili». In una temperie cupamente drammatica, quella del nosocomio ebolitano, Marotta racconta la dolorosa vicenda. «So bene che in un periodo come questo non si può avere nessuno a fianco – spiega Giampaolo – ma mi sono sentito solo e spaesato in quei giorni. Avevo bisogno di qualcuno che stesse lì e mi tirasse su il morale. C’era una telecamera, dove gli infermieri mi guardavano, e un citofono per comunicare con i medici nelle altre stanze. Null’altro. Una situazione davvero terribile». Il 16 marzo, per Giampaolo è necessario il trasferimento trentacinque chilometri più a Sud. All’ospedale di Agropoli, riaperto lo scorso luglio, e punto di riferimento per il trattamento dei pazienti Covid. È lì che Giampaolo entra in terapia sub-intensiva.

«Per tre settimane sono stato in terapia sub-intensiva – racconta Marotta -. Ho vissuto dei momenti seriamente drammatici. Ci sono state delle ore in cui ho pensato che stavo per andarmene. È difficile da spiegare, ma in quei momenti non puoi che aggrapparti alla speranza». Tre lunghe settimane per sconfiggere il virus che da 13 mesi ha messo sotto scacco il mondo intero. E che ha messo a repentaglio anche la vita di chi, come Giampaolo, non soffriva di nessuna patologia pregressa. «A 43 anni, e con nessuna malattia grave alle spalle, non mi sarei mai aspettato di dover soffrire così tanto. E di rischiare la vita». Poi, il ringraziamento allo staff dell’ospedale di Agropoli. «Senza di loro non ce l’avrei mai fatta – afferma Marotta -. Sono stati meravigliosi, sin dal primo giorno. Un trattamento incredibile. La cosa più emozionante è stato il percorso d’uscita, al fianco della dottoressa Rosa Lampasona, prima di tornare a casa a riabbracciare mia moglie».

Il 3 aprile, alla vigilia di Pasqua, e quasi trenta giorni dopo aver contratto il Covid, Giampaolo è finalmente tornato a casa. «Ancora oggi sono in contatto con le infermiere dell’ospedale. Mi dicono che gli manco. Per fortuna è così (ride, ndr) perché spero di non rivivere più quei momenti così angoscianti. Potrebbe sembrare esagerato, ma io oggi mi sento letteralmente rinato». Una resurrezione in senso lato, senza passare per la morte come nei racconti dei Vangeli, che avviene proprio nel Sabato Santo. Apposta per lasciare un alone di magia intorno a questa storia, fortunatamente per tutti, a lieto fine.