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Nuova chiusura per pub, ristoranti e pizzerie, in seguito al ritorno in zona arancione della Campania. I ristoratori non ci stanno, e chiedono un pronto intervento del governo per aiutare il settore, ormai da tempo in crisi

Il ritorno in zona arancione della Campania ha fatto storcere il naso a molti, soprattutto i titolari delle attività che con questo cambio colore si sono ritrovati nuovamente a dover cambiare le modalità di fruizione dei propri servizi. È il caso dei ristoratori, che dopo una boccata d’ossigeno grazie alla zona gialla, e quindi alla riapertura al servizio ai tavoli, si sono trovati costretti ad annullare prenotazioni e tornare all’asporto o domicilio, e in alcuni casi alla chiusura diretta.

Proprio nella giornata di ieri è stato ricordato il primo anniversario dalla scoperta del Covid-19 nello Stivale, più precisamente in Lombardia, e da quell’inizio di crisi fino ad oggi, la situazione che lamentano i ristoratori pare invariata, con sostegni dal governo che stentano ad arrivare e chiusure improvvise che di fatto vanno a compromettere l’ingresso di utili che andrebbero almeno a coprire le spese.

«NON SI PUÒ PENALIZZARE SEMPRE LO STESSO SETTORE»

Sul rientro in zona arancione s’è espressa Sofia Esposito, del ristorante battipagliese Cucina Settantuno, situato nella centrale via Paolo Baratta: «Non c’è un modo che possa risultare “giusto” per gestire una pandemia del genere che non ha precedenti nell’era moderna, però sicuramente a distanza di un anno ormai non si può ancora e per l’ennesima volta penalizzare sempre lo stesso settore. La pandemia sembra essersi svolta intorno alla ristorazione e alle palestre».

Come segnala la ristoratrice, le casse integrazione di novembre sono arrivate soltanto adesso, sul finire di febbraio: «Come si può chiederci di chiudere se non con un sostentamento reale? Le nostre attività sono agli sgoccioli, questa volta per davvero, ci hanno sottratto uno dei mesi più importanti dell’anno (dicembre) senza che nessuno tenga conto di questo economicamente. Dietro il nostro settore si muovono tantissime altre attività che non vengono nemmeno prese in considerazione».

Considerare bar, pub, pizzerie e ristoranti un’unica categoria? Non si può, prosegue Sofia Esposito, che in ultimo afferma: «Le regioni non possono essere considerate in un unico colore, esistono nel nostro Stato le province, e allora che isolassero quelle».

«FATECI LAVORARE ALMENO IL FINE SETTIMANA»

«Questa nuova chiusura continua a penalizzarci, soprattutto per quelle attività come la mia che non effettua consegne o asporto, e il cui locale sarebbe anche predisposto al servizio al tavolo con rispetto di tutte le norme di sicurezza previste», lo afferma un altro ristoratore battipagliese, Claudio Picariello, titolare de Al Vecchio Grillo, ubicato in Via Serroni.

Per ovviare alla chiusura generale, secondo il ristoratore, si potrebbe stabilire con una metratura il numero di persone ospitabili nel ristorante, «perché senza aiuti e ristori non è possibile coprire le spese, che nel mentre continuano arrivare, tra fitti, utenze e tasse comunali, nonostante il periodo di crisi».

Limitare la chiusura soltanto nei giorni infrasettimanali? «Va bene, ma almeno fateci lavorare nel fine settimana, pur sempre rispettando le regole, dal distanziamento alla mascherina e dispenser di gel igienizzante, e regolamentando l’affluenza. Che non si arrivi al punto di scendere in piazza per salvaguardare il proprio lavoro, perché di lavoro si tratta, nient’altro».