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Amici, cerchiamo di capirci: la virologia è una delle discipline più complesse dell’umano scibile e purtroppo, durante questa pandemia, si è parallelamente sviluppata una tremenda infodemia, dalla quale siamo stati tutti contagiati.

La scoperta della mutazione del virus (fonte: Two Cars in Every Garage and Three Eyes on Every Fish, The Simpsons 7F01)

Tuttavia, non serve essere un esperto virologo per comprendere alcuni concetti basilari, utili per capire almeno quale sia la situazione. Basta non avere avere la pretesa di andare al di là delle definizioni e del concetto. Proviamoci.

LA NUOVA VARIANTE

In data 15/02 la Regione Campania (LINK DIRETTO) ha comunicato che la percentuale di incidenza della cosiddetta “variante inglese” in Campania è attestata al 25% (studio epidemiologico Istituto Zooprofilattico, Tigem e Cotugno). Significa che 1 caso positivo ogni 4, in Campania, è risultato essere infettato dalla “variante inglese”. Secono l’ISS (LINK DIRETTO), al 16 Febbraio, il 17,8% dei positivi (in media ponderata, regione per regione) è venuto a contatto con la “variante inglese”.

IL VIRUS MUTA

Il termine Virus, il quale in latino significa veleno, identifica dei microrganismi non costituiti da cellule e assolutamente incapaci di un metabolismo autonomo. Significa che per esistere e riprodursi devono agganciarsi alle cellule di altri organismi.

I virus sono dunque dei parassiti e in quanto tali sono sempre (almeno potenzialmente) portatori di malattie: per vivere e replicarsi determinano inevitabilmente un danno alle cellule dell’organismo ospite. Il genoma del virus altera quello della cellula ospite, obbligandola a replicare il virus stesso. Il nodo della faccenda sta proprio nella riproduzione dei virus. Quando si attua il processo di copia, vi sono degli enzimi che copiano l’RNA del virus nelle nostre cellule.

Tali enzimi tendono a commettere errori di copia genetica: di conseguenza il virus muta. Le mutazioni, tendenzialmente, creano uno svantaggio per il virus. Tuttavia, tra le migliaia e migliaia, possono esserci casi che favoriscono, per esempio, l’ingresso del virus nelle cellule ospite.

VARIANTE B.1.1.7

4000 sono le mutazioni riguardanti le sole spine esterne (pensate all’immagine dei cornavirus), cioè le proteine “spike”. A queste mutazioni vanno poi aggiunte tutte le altre riguardanti altre parti del virus. Una delle migliaia di mutazioni del SARS-CoV-2, è stata rilevata in maniera sempre più imponente a partire da Settembre 2020 nella zona Sud-Est del Regno Unito: di conseguenza i giornalisti si sono affrettati a chiamarla “variante inglese”.

Essa è formalmente nota come VOC-202012/01 (“variante oggetto di attenzione n.1 del dicembre 2020”) oppure come B.1.1.7. Si tratta di un totale di 17 mutazioni e in particolare una mutazione della proteina spike (mutazione N501Y). In realtà, ammonisce Enrico Bucci (LINK DIRETTO), non è corretto parlare di singola variante: si tratta di un “nuovo ramo evolutivo” (ammesso di poterlo definire nuovo, quantomeno è di nuova accertata esistenza) e in gergo si parla di “lineage”.

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Enrico Bucci (fonte: scienzainrete.it)

Per quanto riguarda la risposta dei vaccini o una maggiore letalità intrinseca della variante, il capo della sanità pubblica inglese, prof. Whitty (LINK DIRETTO), ha fugato subito ogni dubbio:

“There is no current evidence to suggest the new strain causes a higher mortality rate or that it affects vaccines and treatments” (“Non ci sono prove attuali che suggeriscano che il nuovo ceppo causi un tasso di mortalità più alto o che influisca su vaccini e trattamenti”).

Nel frattempo, un recente studio della “London School of Hygiene & Tropical Medicine” (LINK DIRETTO) ha messo in evidenza come la B.1.1.7 sia associata a un aumento del rischio di ospedalizzazione, con la letalità che resta comunque bassa, dovuto a una differente patogene.

Ecco, fermiamoci un attimo e chiariamo alcuni termini prima di iniziare a fare confusione.

CARATTERISTICHE DEL VIRUS

Mi affido alla sintesi (con le opportune semplificazioni per noi non medici) di mio babbo, dottor Raffaele Cioffi, esperto di emergenza ed urgenza, con 40 anni di medicina sul groppone, e di mio fratello dottor Dante Luigi Cioffi, ricercatore universitario e medico del lavoro: loro studiano la Covid-19 sul campo, direi che possiamo fidarci.

L’infettività descrive la capacità del virus di penetrare e di moltiplicarsi nell’ospite. A livello epidemiologico possiamo sintetizzare l’infettività come il rapporto tra il numero di infetti rispetto al numero di soggetti esposti al contagio. La virulenza, invece, misura grado di gravità della patologia indotta. A livello epidemiologico si bada al rapporto tra deceduti (oppure casi gravi) rispetto agli ammalati.

La patogenicità, invece, ci dice quanto il virus sia in grado di causare la malattia infettiva in un ospite. A livello epidemiologico si tratta di studiare quanti soggetti, tra gli infetti, sviluppano la malattia Covid-19 (tema molto dibattuto, nel quale non entriamo). Possiamo ritenere, ai fini della nostra analisi puramente descrittiva, di avere a che fare con una patogenicità del tutto comparabile con la variante non B.1.1.7.

La differenza principale tra la “variante inglese” e la “variante base” del SARS-CoV-2 è in una altra caratteristica: la trasmissibilità.

TRASMISSIONE DEL VIRUS

La trasmissibilità di un virus descrive quanto esso sia in grado di essere trasmesso da un soggetto infetto ad un soggetto sano.

Secondo lo studio “Transmission of SARS-CoV-2 Lineage B.1.1.7 in England: Insights from linking epidemiological and genetic data” dell’Imperial College London (LINK DIRETTO), curato, tra gli altri, dal noto epidemiologo Neil Ferguson (LINK DIRETTO) “c’è un consenso tra tutte le analisi che il VOC (la variante inglese, ndr) ha un sostanziale vantaggio di trasmissione, con la differenza stimata nei numeri di riproduzione (per approfondire LINK DIRETTO) tra VOC e non-VOC varia tra 0,4 e 0,7, e il rapporto dei numeri di riproduzione varia tra 1,4 e 1,8. Notiamo che queste stime del vantaggio di trasmissione si applicano a un periodo in cui erano in vigore alti livelli di distanziamento sociale in Inghilterra; l’estrapolazione ad altri contesti di trasmissione richiede quindi cautela“.

Nello studio “Estimated transmissibility and severity of novel SARS-CoV-2 Variant of Concern 202012/01 in England” (LINK DIRETTO), al quale ha contribuito anche il famoso epidemiologo Adam Kucharski (LINK DIRETTO al suo profilo Twitter) del “London School of Hygiene & Tropical Medicine” (LINK DIRETTO) viene effettuata una stima di trasmissibilità“Stimiamo che la VOC 202012/01 sia 43-82% (95% 38-106%) più trasmissibile delle varianti preesistenti di SARS-CoV-2”

Tradotto: la variante inglese ha una trasmissibilità maggiore.

AUMENTO DELLA TRASMISSIBILITÀ CON LA VARIANTE INGLESE

La sintesi degli studi precedentemente citati è la seguente:

  1. La variante inglese si trasmette più facilmente.
  2. L’aumento di trasmissibilità è un aspetto peggiore anche di un eventuale aumento della letalità (a parità di contesto e misure).

Dimostriamo con i numeri quanto detto. Semplifichiamo la faccenda, usando tutte le approssimazioni possibili, chiedendo venia agli epidemiologi e pazienza a chi abbia poca dimestichezza con la matematica.

Definiamo Rtnumero di riproduzione del contagio (per approfondire LINK DIRETTO), come il numero medio di casi generati da un singolo caso. Moltiplicando il numero di individui infetti per Rt, otteniamo il numero di soggetti infettati da essi (i contagiati inziali) dopo un certo periodo.

Chiamiamo N il numero di periodi dopo il quale vogliamo valutare il numero di contagiati. Posso stimare il numero di nuovi contagiati dopo N periodi, moltiplicando Rt per sé stesso N volte (cioè elevo Rt ad N): dopo ogni singolo periodo, i contagiati diffondono l’infezione nuovamente, sempre con Rt (e quindi moltiplico ancora per Rt) e così via.

(Numero_nuovi_contagiati)=(Numero_contagiati_di_partenza) X (Rt^N)

Più il virus è trasmissibile, maggiore sarà Rt.

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Schema trasmissibilità del virus (fonte: “Trasmissibilità di SARS-
COV-2 in Italia”, ISS-Fondazione Kessler)

Supponiamo di valutare il numero di riproduzione ogni 7 giorni. Volendo studiare l’evoluzione dopo un mese, il nostro N sarà N=4 (cioè dopo 4 settimane).

Indichiamo con Rt_base il numero di riproduzione della variante base, indichiamo con Rt_ing il numero di riproduzione della variante inglese.

Facciamo una ipotesi coerente con i dati attuali: Rt_base=1,1. In base a tutti gli studi citati in precedenza, la nuova variante sarà almeno del 50% più trasmissibile rispetto alla variante base, ergo avremo (a parità di condizioni e interventi non farmaceutici, come mascherine e lockdown) un Rt_ing maggiore del 50%.

Rt_ing=Rt_base+(Rt_base/2)=1,65
Variante base: Nuovi_contagiati=1.000xRt_base^4=1.464
Variante inglese: Nuovi_contagiati=1.000xR_ing^4=7.412

5 volte in più rispetto alla precedente variante, proporzione che aumenta in maniera esponenziale all’aumentare dei contagi.

Attenzione: non stiamo dicendo che con la variante inglese arriveremo ad avere un numero di riproduzione necessariamente così elevato. Stiamo dicendo che, a parità di condizioni, la variante inglese si trasmette almeno il 50% più facilmente. Quindi, se in certe condizioni il numero di riproduzione della variante base può arrivare a 1,1 allora nelle medesime condizioni la variante inglese si trasmette con un numero di riproduzione pari a 1,65.

Facciamo un altro esempio. Avendo un Rt_base=0,85, quindi addirittura diffusione dell’epidemia in calo (essendo Rt<1), avremmo un equivalente Rt_ing=1,275, ergo epidemia in pieno sviluppopur nelle stesse condizioni contestuali della variante base.

Questo ha conseguenze, ovviamente, sul numero di decessi. Vediamo nello specifico.

LETALITÀ

Definiamo la letalità come la percentuale di decessi attesi tra i soggetti contagiati (per approfondire, LINK DIRETTO). Supponiamo di avere un Rt costante tra le due varianti e che l’aumento del 50% riguardi la letalità. Avere una letalità maggiore del 50% significa passare da 0,8% a 1,2%.

Partendo da 1000 contagiati.

Ipotesi letalità maggiore ma stessa trasmissibilità: Decessi_dopo_1_mese=1.464×1,2%=18
Ipotesi stessa letalità ma trasmissibilità maggiore: Decessi_dopo_1_mese=7.412×0,8%=60

In base alle nostre ipotesi, una versione più letale del 50% porta a 18 decessi contro i 60 del caso più trasmissibile (ovvero la B.1.1.7)Una variante con la stessa trasmissibilità (cioè stesso Rt) ma più letale del 50%, a parità di condizioni, farebbe meno vittimeA livello matematico ciò è dovuto all’andamento esponenziale della trasmissibilità, contro l’andamento lineare della letalità.

Come sottolinea Adam Kucharski, un aumento di trasmissibilità determina effetti ben peggiori rispetto ad un eventuale identico aumento percentuale della letalità.

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Adam Kucharski (fonte: kucharski.io)

 

Per rendere ancora meglio l’idea prendiamo i contagiati accertati 23 Febbraio: 13.314. Essi corrispondono ad una stima di contagiati reali: circa 50.000 (per approfondire LINK DIRETTO). Con un Rt_base=1,1 settimanale, tra 1 mese avremmo circa 73.000 contagiati realiCome detto, la variante inglese, sempre a parità di condizioni, ha una trasmissibilità maggiore del 50%, ergo: Rt_ing=1,65 settimanale, tra 1 mese avremmo 370.000 contagiati reali.

Dobbiamo aspettarci, per ora, una sorta di via di mezzo, perché le due varianti coesistono (come detto, in Campania stiamo a 25% sul totale dei contagiati, ma a breve la “variante inglese” prenderà il sopravvento).

VARIANTE INGLESE: COSA È SUCCESSO NEL REGNO UNITO

Diamo una occhiata, con valutazioni meramente descrittive, a ciò che è avvenuto nel Regno Unito. Aiutiamoci con il sito “Our World in Data” (LINK DIRETTO) di Oxford. I dati analizzati provengono dalla Johns Hopkins University.

Nuovi casi giornalieri confermati per milione di abitanti.

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Possiamo approssimare l’intervallo temporale dalla ascesa reale dei contagi al picco, in circa 1 mese1 altro mese circa dal picco al ritorno a valori di diffusione del contagio comparabili con la situazione autunnale. Supponendo un andamento simile in Italia, dobbiamo aspettarci un picco a fine Marzo inizio Aprile e una situazione in miglioramento per metà Maggio. Al picco (8 Gennaio) si registravano 1.000 casi ogni milione di abitanti nel Regno Unito.

Nuovi casi giornalieri confermati.

Notasi come l’aumento dei casi giornalieri è nettamente più veloce con la diffusione della variante inglese: circa 60.000 casi accertati in un solo giorno al picco. Notevole è la differenza con la situazione italiana (dove nel medesimo periodo non era presente la variante inglese) e chiara la differenza con la situazione di Marzo 2020.

Si è passati dai 182 casi per milione di abitanti dell’8 Dicembre ai 274 del 15 Dicembre; 544 il 22 Dicembre; 784 il 29 Dicembre; 1.000 l’8 Gennaio (picco)In un mese si è passati da 182 casi a 1.000. In totale: 12.000 casi accertati l’8 Dicembre contro 68.000 al picco (nel singolo giorno).

Crescita percentuale decessi valutata ogni 14 giorni.

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Notasi come le conseguenze dei contagi si registrano circa 2 settimane dopo l’accertamento dei medesimi. Il picco dei decessi giornalieri (20 Gennaio) si è avuto 12 giorni dopo il picco dei contagi accertati (8 Gennaio). Nel Regno Unito sono passati dai 537 morti del 19 Dicembre ai 1826 del 20 Gennaio (picco decessi accertati, con l’aumento del 92,5% rispetto a 2 settimane prima).

VARIANTE INGLESE “RIEN NE VA PLUS”

Al momento, dunque, in Italia coesistono due epidemie, una più veloce dell’altra. La variante inglese in un paio di mesi soppianterà il virus “originale”. Per Vespignani ciò non significa necessariamente una ascesa incontrollata dei contagi: possiamo e dobbiamo intervenire.

Da una intervista de La Repubblica da parte di Elena Dusi:“L’aumento della prevalenza non si può frenare, è solo questione di tempo”. “La prevalenza è solo un numero relativo: indica quanti contagi sono causati dalla variante britannica”. “Possiamo provare a tenere sotto controllo Rt e il numero assoluto di contagi”. “Il rigore va messo in atto anticipando l’epidemia”.

Sul Corriere della Sera, Vespignani scrive:“Non possiamo immaginare di continuare a contrastare l’epidemia, aggravata dalla circolazione di nuove varianti, con la sola arma delle chiusure e dei lockdown: serve un piano d’azione che punti su sequenze, test, dati (LINK DIRETTO).

Ci aggiorniamo a fine Marzo. Rien va la plus.