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A 4 anni dalla sua apertura O’ Vicolo e’ l’Alleria festeggerà il prossimo 10 maggio il suo anniversario con una nuova formula gastronomica: uno spazio salumeria anni ’70 con la riscoperta della Marsigliese, il panino della colazione tipica della Campania imbottito con milza, pizzaiola, polpette, tante verdure o con la classica mortadella, servito nel coreografico ‘panaro’. La proposta godereccia che da sempre caratterizza lo stile della trattoria, oggi lancia il panino tipico di Marsiglia, giunto probabilmente nella terra del sole attraverso i porti delle aree costiere, forse nel periodo angioino, tra il 1246 e il 1442, quando gli Angiò dominarono il regno di Napoli e la Provenza o nel periodo napoleonico tra il 1806 e il 1812. Furono gli scambi ad opera di marinai delle rispettive flotte, soprattutto quelle sulla rotta Marsiglia – Napoli, ad introdurre la particolare forma di pane che deriva dal ‘pain fendu’ provenzale ovviamente reinterpretato una volta giunto in Italia secondo la cucina locale. 

I clienti del Vicolo e’ l’Alleria sanno bene di trovare un’offerta ruspante, molto attenta alla tradizione con un maniacale rispetto delle pietanze tipiche delle festività, oltre che alle eccellenze locali e alla stagionalità dei prodotti. Luigi Cammarotainfatti, ha riportato sulla tavola i Ravaiuol’ co’ o‘ zuccher’ ripieni di ricotta con sugo agrodolce, le polpette povere fatte con pane raffermo, formaggio, aglio e prezzemolo, la pasta e patate sfritta e ripassata, la pasta e fagioli rinforzata, la carne co’ o’ mbutton’ ovvero la tasca di vitello ripiena, o’ per’ e o’ muss’, le melanzane m’mbuttunat’ con la ricotta di bufala, i rigatoni con la rucola e i pomodori secchi, guanciale e ricotta.

FOTOGALLERY O’ VICOLO E’ L’ALLERIA

O’ Vicolo e’ l’Alleria, che rispolvera la cucina del secondo Dopoguerra nella Piana del Sele, è un piccolo museo della gastronomia ritrovata che recupera le tradizioni delle campagne della Piana del Sele. Quando si arriva qui è come bussare alla porta del tempo e saltare in una foto in bianco e nero. La finestrella che affaccia sulla strada è quella di un basso nel centro di Battipaglia che riproduce fedelmente la casa dei nonni, identica anche nell’ambientazione ad una dimora degli anni ‘50 e all’interno, come in un teatro, si è tra le mura domestiche dell’Italia appena liberata dagli Alleati: “Gli americani sbarcati durante la seconda guerra mondiale, regalavano biscotti ai bambini che venivano consumati con parsimonia ma il tempo li rendeva secchi e meno gradevoli, così per riutilizzarli le mamme li bagnavano nel vermut e componevano una specie di dolce a strati farcendoli con la crema. Il dolce di gallette così chiamato, era uno dei pochi che si preparavano in quegli anni di miseria nera”. 

Luigi, che per tutti è Gigino, è l’oste perfetto di una vecchia stazione di sosta che accoglie i viandanti in cerca di ospitalità familiare, come si faceva una volta. Il suo menù è una specie di antologia delle massaie del primo Novecento tramandata di madre in figlia fino agli anni’ 60, quando l’industria alimentare ha sconvolto le abitudini del mangiar sano con la pubblicità e i prodotti confezionati: “Quando ero ragazzo e volevo far mangiare bene un amico senza spendere soldi, potevo portarlo solo a casa di mia nonna, garanzia di ospitalità e creanza. Tra l’altro la loro casa fu una delle prime della Piana. Al tempo qui non c’era nulla, di sicuro neppure un’osteria. La gente di passaggio si fermava a chiedere ricovero nelle case. Quando ho deciso di dedicarmi alla ristorazione, volevo riuscire a regalare momenti di autenticità e calore ai miei clienti e ho trovato l’input nei ricordi e nella storia della mia famiglia”. 

Nel mood conviviale del locale, anche la Pandemia è stata affrontata con una sua singolarità e ad ora di pranzo, non potendo condividere i pasti con una vera accoglienza, Gigino si è collegato in diretta fb dal Vicol0’ e’ l’Alleria per far compagnia ai clienti, raccontando piatti e novelle come il ricordo della sua prima Marsigliese: «Quando andavo a scuola entravano con me in salumeria gli operai che lo ordinavano tutte le mattine, era enorme, profumato e croccantissimo nella classica forma delle due baguette unite, un’immagine indimenticabile che ha segnato un’epoca per poi sparire dal costume popolare» racconta Gigino.

Tantissimi i turisti che vengono ad assaggiare la sua cucina, tanto che nello scorso anno la trattoria aveva inaugurato il progetto “Na Cartulina”: da allora ogni ospite, passando di qua, può inviare in qualunque parte del mondo una vecchia cartolina del 1965 di Battipaglia, in una riedizione curata dal fotografo Benedetto Battipede, con tanto di francobollo offerto dalla casa. Un modo per far viaggiare il nome della città oltre confine. Ma a sedurre la clientela è anche l’atmosfera: qui ci si dimentica di essere in un ristorante. Le stanze arredate con mobili e accessori di famiglia, sono un vero viaggio nel vintage, un piacere per gli occhi di qualunque appassionato di modernariato. Le regole del luogo poi premiano la scelta con un format non convenzionale. Ognuno deve fare come se fosse a casa propria, servendosi dal frigo, prendendo l’acqua sotto la fontana e i piatti dalla credenza rigorosamente spaiati. Cosa c’è di meglio del sentirsi a casa? Come dice Gigino solo “O Vicolo ‘e l’Allería. Chillo d’ ‘a nonna mia”.