La Madonna della Speranza e l’identità mai trovata

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Stasera c’è la processione della Madonna della Speranza, e ogni volta mi vengono in mente due microstorie tra le più belle di Battipaglia.
Siamo negli anni Dieci. Battipaglia non è ancora Comune. Divisa in due dal Tusciano, su una sponda fa Montecorvino Rovella e sull’altra Eboli, anche se entrambe si sentono Battipaglia. C’è già il culto della Madonna della Speranza, ma non c’è manco una chiesa, solo una cappella gentilizia, la Cappella Franchini, lato Montecorvino, praticamente dove c’è stata per lungo tempo la Ferramenta Graziani.

Quell’anno don Mattia Rago, della Cappella Franchini, decide di fare la processione solo su lato Montecorvino, cioè procede verso Belvedere. I battipagliesi del lato Eboli, capeggiati dalle donne, si ribellano, danno vita a veri e propri tumulti, e durante la processione rapiscono la Madonna e la portano in processione per le strade lato Eboli. La statua viene tenuta sequestrata e nascosta nel palazzo in piazza della Repubblica dove ora c’è la Deutsche Bank. Solo dopo molti giorni viene restituita. Così almeno la racconta Peppe Esposito nel suo libro “Battipaglia 1929-2009”.
Stessa traccia di conflitto, ma con situazione diversa, è raccontata nel libro “Battipaglia. Documenti, testimonianze e personaggi dal 1929 al 1969”.

Siamo sempre negli anni Dieci, c’è sempre la Cappella Franchini con la statua della Madonna ma non c’è processione. Nottetempo delle donne capeggiate da “zi monaca” la rubano e la portano nella chiesa di Battipaglia (lato Eboli). Scoperto il furto, i battipagliesi lato Montecorvino reclamano la restituzione della statua, ci sono scontri tra le fazioni e “zi monaca”, particolarmente violenta, viene arrestata e trattenuta per due ore dai carabinieri.

Non so se è la stessa storia o son storie diverse, chissà se sono storie vere, è passato un secolo da allora. E tuttavia, per quanto gli aneddoti possano essere falsi o inverosimili, raccontano entrambi una verità storica: un popolo che si è sentito comunità prima di essere Comune, diviso dai confini amministrativi, dalle parrocchie, e tuttavia legato allo stesso culto perché la Madonna della Speranza lo univa, come lo univano i sogni e gli stenti. Sarà per questo che la Patrona è molto amata e la festa molto sentita, in città: ha rappresentato la prima malta.

Ma non è bastata e non basta a tenere insieme una città fortemente e disordinatamente cresciuta con il risucchio di gente dai paesi d’intorno, portatori di altre memorie e altre fedeltà, che ha reso Battipaglia una città di grande sviluppo ma di fragile identità, dai diffusi disamori. Ma per oggi possiamo anche sospendere la disamina dei nostri mali. Stasera celebriamo la Madonna della Speranza, laicamente o religiosamente non importa, provando a guardarLa con gli occhi dei nostri nonni, dei nostri avi, per ritrovare un po’ di affetto per la nostra terra e la nostra storia, che è piccola ma contiene tutti i moventi umani e perciò bella come ogni bella storia.