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Oggi non saremo qui a spiegarvi perché la Donna viene festeggiata l’8 marzo. Piuttosto preferiamo raccontarvi come si è arrivati a festeggiarla. Perché se la data ufficiale d’istituzione è il 1977, possiamo assicurarvi che il processo comincia molti anni prima. E sicuramente passa anche per Battipaglia, in quella città, oggi capofila della Piana del Sele, e sul finire degli anni Sessanta teatro dei celebri moti rivoluzionari.

In mezzo, c’è una storia taciuta, troppe poche volte raccontata, ma che restituisce appieno il concetto dell’emancipazione femminile: il movimento delle “Tabacchine” o delle “Tabacchere“. Così venivano definite le donne che lavoravano le foglie di tabacco nello storico Tabacchificio di Battipaglia, che all’epoca veniva addirittura esportato in tutt’Italia e in Europa (in Germania particolarmente). E che grazie a quel lavoro non solo riuscirono a migliorare la qualità della loro vita, grazie alla sicurezza economica, ma cominciarono pure quel famoso processo d’emancipazione sociale a cui accennavamo poc’anzi.

E lo racconta magistralmente Virgilio Sabel, regista d’origini torinesi ma follemente innamorato del meridione d’Italia, nel documentario “Viaggio nel Sud“. Una serie andata in onda sulla Rai, negli anni ’50, e che nel 1958 fece tappa a Battipaglia. Per raccontare sì la guerra, il contrabbando e la bonifica della malaria. Ma per porre anche l’accento sulle industrie di conserve, zucchero e tabacco, dove le donne iniziavano a lavorare. Fenomeni spontanei d’una città del Sud Italia nata come snodo ferroviario e diventata, nel giro di dieci anni, estremamente prospera sotto il punto di vista economico.

Ed è proprio in quel contesto che s’inserisce il processo d’emancipazione della donna: un risveglio psicologico che comincia con lo sbarco degli alleati e culmina con le donne a lavoro nel Tabacchificio. Una «faccia contraria di quel Sud ingiustamente accusato di arretratezza, inerzia e rassegnazione» così la definisce Sabel nel suo documentario. Nel meridione d’Italia, ancorato a un retaggio patriarcale da “Dio, Patria e Famiglia“, in quegli anni, vedere le donne a lavoro, e i figli dei “ricchi” nelle scuole comunali assieme ai figli degli operai, era una conquista. Dopo secoli di abbandono, grazie alle opere di bonifica e alla costruzione di strade e binari verso la Calabria e la Sicilia, c’era odore di progresso. Un richiamo per tanta gente che si precipitò nella Piana del Sele per lavorare. E ce n’era per tutti, di lavoro. Anche per le donne, che abbandonarono la montagna per cercare l’emancipazione in pianura, lungo le vie dei commerci.

LE “TABACCHINE”: UN ESTRATTO DEL DOCUMENTARIO DI VIRGILIO SABEL

Il perché della scelta ricaduta sulle donne non è difficile da immaginare: la manodopera costava meno ai padroni, e inoltre, la lavorazione del tabacco richiedeva precisione e velocità, caratteristiche considerate spiccatamente “femminili”. Cominciavano presto le “Tabacchine“. A 14 o 15 anni erano già delle operaie. «Lavoro da 7 anni qui, vengo da Torrione, tutte le mattine, e mi alzo alle 6. Ho cominciato a 15 anni» dice una lavoratrice del tabacco nel documentario di Sabel (video sopra). E ancora un’altra: «Sì ho una bambina e sono sposata. Mio marito lavora nei terreni. Se il lavoro è difficile? Dobbiamo scegliere bene le foglie, per me è facile perché ho imparato». Nelle parole delle “Tabacchine” c’è l’ingenuità e l’imbarazzo delle donne di quell’epoca, ma anche la voglia e la determinazione di ritagliarsi uno spazio d’indipendenza e d’emancipazione all’interno della società.

LA “TABACCHINA DI FERRO”

In città, a Battipaglia, le “Tabacchine” sono diventate un cult nel corso degli anni. Un esempio lampante è Carmela Morra, che si è raccontata senza filtri nell’intervista realizzata dal sociologo Enzo Castaldi. La “Tabacchina” con gli occhi sorridenti, così la definisce Castaldi nel suo blog. Perché nelle foto che aveva raccolta c’era un «comun denominatore»: il sorriso. Che fungeva da maschera ad una vita travagliata, caratterizzata dalla prematura scomparsa del marito che la costrinse a fare da madre e da padre alle sue due figlie. Lavorava duro, Carmela. E riuscì ad emanciparsi attraverso il lavoro acquisendo coscienze dei suoi diritti. Senza perdersi d’animo, nemmeno quando le riorganizzazioni dei monopoli di Stato chiesero un taglio del personale. Perché quando la Saim decise di chiudere lo storico Zuccherificio, minacciando anche la chiusura del Tabacchificio, a Battipaglia scoppiò la rivolta.

Il 9 aprile del 1969 iniziarono gli scioperi. E gli scontri. La città si paralizzò. I binari vennero occupati. E la Polizia, da Roma, intervenne col pugno di ferro. Perché prima della riforma della Polizia, datata 1981, gli agenti trattavano i manifestanti come un nemico pubblico. E premevano i grilletti. Si sparò tanto a Battipaglia nel 1969. Su 200 feriti, almeno la metà furono per arma da fuoco. E la tragedia si consumò: Teresa Ricciardi, professoressa appena 26enne, affacciata al balcone, venne colpita al cuore e perse la vita. Stesso destino, infame, toccò a Carmine Citro, operaio e tipografo 19enne, colpito alla testa da un proiettile vagante. Perse la vita, nonostante in piazza ci andò «per i diritti degli altri, per i diritti di tutti», perché il suo posto di lavoro non era a rischio.

LUIGI PERRELLI E GIORGIO RAMBALDI: DOCUMENTARIO INDIPENDENTE SU BATTIPAGLIA

Nel documentario indipendente girato a Battipaglia, un anno dopo i moti, da Luigi Perrelli e Giorgio Rambaldi, una giovane “Tabacchina” dichiarò durante un’assemblea alla Camera del lavoro: «siamo operai, siamo poveri, siamo schiavi, è meglio che ci aiutiamo fra di noi». Ecco, probabilmente il senso di ciò che hanno rappresentato le “Tabacchine” nel processo d’emancipazione delle donne (del Sud, nel caso specifico) è tutto racchiuso in quelle parole. Un retaggio patriarcale, e maschilista, che nel 2020 appare ancora ben saldato nella società dei nostri tempi. Eppure, mentre l’Italia intera si appresta a celebrare le festa della Donna, probabilmente senza la consapevolezza che quei diritti, quelle conquiste sociali, economiche e politiche, sono ancora ben lontane, oggi è bene ricordare che un “8 Marzo” ante litteram, Battipaglia e la Piana del Sele, a loro modo, lo avevano già avviato con il movimento delle “Tabacchine“.