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Ecomafie 2020, Legambiente presenta il dossier. Negli ultimi 10 anni oltre 12mila reati, uno ogni sette ore nella provincia di Salerno che insieme a Napoli è la più sfregiata dai crimini contro l’ambiente.

C’è un virus che la provincia di Salerno combatte da circa vent’anni. Non è il Covid-19: sono le ecomafie. Il rapporto fornito da Legambiente nella giornata di ieri restituisce un quadro agghiacciante. Negli ultimi dieci anni, dei circa 45mila reati ambientali stimati in tutto il territorio campano, il 28% sono avvenuti nel Salernitano. 12.261 a voler essere precisi. Uno ogni sette ore, nemmeno il tempo d’una giornata lavorativa. Ecoreati che continuano ad avere un impatto forte sulla comunità e sull’ambiente. E che soprattutto «rallentano fortemente l’economia» commenta Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, che ieri mattina ha introdotto il talk organizzato dall’associazione gialloverde per esporre i dati del report sulle ecomafie.

+ 40% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

Oltre 1.500 reati accertati di illegalità ambientale che fanno registrare un +40% rispetto all’anno precedente. È il primato tristemente negativo che le province di Napoli e Salerno condividono da un ventennio circa, da quando la regione ‘felix’ si è addossata la maglia della discordia, quella nera, in materia di crimini contro l’ambiente. E anche per quest’anno, il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dal fenomeno degli ecoreati, con il 35% circa dei crimini, e con 10 milioni di tonnellate di rifiuti movimentati illegalmente da 410.905 camion nell’ultimo decennio. Subito dietro, il ciclo del cemento, che fa registrare il 30% dei reati, seguito dai crimini contro la fauna (18%), e dagli incendi dolosi (9%) in forte aumento nel 2021 specialmente nell’Agro Nocerino Sarnese e nella Piana del Sele.

UN BUSINESS DA 420 MILIARDI DI EURO

Numeri da capogiro, per un business economico che interessa tutta la nazione, e che vale 420 miliardi di euro dal 1995 ad oggi. 20 miliardi nel solo 2019. E a spartirsi la torta non ci sono solamente i 371 clan censiti da Legambiente, 90 dei quali nell’ultimo anno, ma anche imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi. La fotografia scattata dal rapporto “Ecomafie 2020” è allarmante. E viaggia parallelamente a un altro fenomeno: quello delle mafie africane. Che, stando a quanto emerge dal report, controllerebbero il traffico di esseri umani favorendo l’immigrazione clandestina e il dilagare del caporalato. Così come lo smaltimento illecito dei rifiuti, in forte aumento nel Diano e nella Piana del Sele, dove lo scorso febbraio la procura di Salerno ha arrestato 14 persone che smaltivano illecitamente rifiuti del settore conserviero interrandoli in fondi agricoli vicino al fiume Calore, e rifiuti speciali e indifferenziati in aree destinate alla coltivazione dei cereali. Reati per i quali la Procura, in collaborazione con la guardia costiera, sta svolgendo una serie di attività mirate ad accertare gli scarichi abusivi con il controllo dei fiumi e dei corsi d’acqua tramite l’utilizzo dei droni.

E gli anticorpi? Le denunce dei cittadini, il lavoro serrato delle forze dell’ordine, delle capitanerie di porto, e della magistratura, e la legge sugli ecoreati che dal 2015 ad oggi ha portato al sequestro di beni per 32 milioni di euro e all’avvio di 158 procedimenti penali. A metà ottobre del 2020 sono arrivate a 130 le inchieste chiuse dalle forze dell’ordine. «C’è un popolo inquinato che non ha avuto finora cittadinanza nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – e questo non è ammissibile. Dobbiamo evitare in ogni modo che anche un solo centesimo, degli oltre 240 miliardi di euro stanziati dall’Europa, possa finire direttamente o indirettamente nella rete degli ecocriminali».