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Il sacerdote napoletano, Padre Maurizio Patriciello, ospite nella parrocchia “Santa Teresa del Bambin Gesù” del rione Taverna. Appello ad alzare la voce, e un richiamo ai politici collusi.

«Tanti politici si sono nascosti dietro la Camorra». Le parole di Maurizio Patriciello, per tutti Padre Maurizio, parroco anti camorra da sempre in prima linea per la denuncia dei reati ambientali nella Terra dei Fuochi, allo scoccare delle 19.30, nel giorno di Santa Teresa, celebrata nel cuore del rione Taverna nell’omonima chiesa con una messa “speciale” per ospitare il parroco napoletano, suonano come un monito per la Piana del Sele: l’emergenza ambientale c’è ed è più che mai reale. Non usa mezzi termini Patriciello che, tra le altre cose, cita anche il presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca. «Una volta l’ho incontrato e gli dissi chiaramente: qui in Campania c’è un serio problema di lavoro nero e disoccupazione. Lui mi rispose “lo so lo so”, eppure ancora oggi sembra che siamo costretti a dover scegliere tra lavoro e salute: noi le vorremmo entrambe senza ricatti».

REATI AMBIENTALI: ISTITUZIONI RESPONSABILI A TUTTI I LIVELLI

Padre Patriciello, ospite della parrocchia “Santa Teresa del Bambin Gesù”, guidata dall’amico don Luigi Piccolo, il vulcanico prete che da poco più di un anno ha preso in consegna l’importante eredità di don Fernando Lupo, andato in pensione dopo 51 anni, ha fatto il punto della situazione sul legame tra i reati ambientali e quelli di camorra, e sulla responsabilità delle istituzioni. «Le istituzioni, a tutti i livelli, sono sempre responsabili lì dove c’è un problema. Perché spesso sono proprio i politici i primi negazionisti. Porto sempre l’esempio dell’Acna di Savona: nel 1938 alcuni operai denunciarono e si ritrovarono in un processo lungo 24 anni, poi persero e furono costretti a pagarne le spese. Una cosa che ha intimidito le persone, che hanno paura di alzare la voce, mentre dall’altra parte, politici e proprietari, ancora oggi negano una realtà così evidente. Eppure qualche settimana fa le università di Bari e Bologna hanno certificato che nella nostra regione ci si ammala e si muore di cancro più che altrove, e finalmente anche l’istituto nazionale di sanità ha ammesso che questa gente soffre più che in ogni altro angolo d’Italia».

Il dito puntato contro i negazionisti. «Purtroppo ci saranno sempre – commenta Patriciello -. Per ignoranza, per pigrizia, o per lavoro. Sì, perché chi oggi ha paura di perdere il lavoro, come un operaio dell’Ilva di Taranto, è il primo a dirti che quel problema non esiste. Ma se ognuno si chiude nei suoi palazzi, negli studi e negli ospedali, allora difficilmente le cose cambieranno». Il sacerdote, venuto da quella terra ribattezzata “terra di nessuno”, lancia un appello. «Bisogna osare di più, senza essere necessariamente degli eroi: non ne abbiamo bisogno. Non ci servono, ma un passo in più va fatto. Siamo ciò che mangiamo e respiriamo, e se li avveleniamo prima di essere peccatori siamo dei grandi stupidi».

L’INCONTRO CON CARMINE SCHIAVONE

E poi racconta di quell’incontro con Carmine Schiavone, boss dei Casalesi morto nel 2015 poco dopo essere divenuto collaboratore di giustizia. «Ho parlato con lui quasi 5 ore – racconta il sacerdote – e anche lui lo ha ammesso: se un camorrista non avesse le spalle coperte dalla politica sarebbe un delinquente comune. La Camorra ha fatto affari con gli industriali del Nord avvelenando le nostre terre e costringendo la povera gente a scappare o ad ammalarsi di tumore, ma la politica spesso e volentieri ha chiuso gli occhi. Quando i tir andavano e venivano liberamente, lo Stato dov’era? Se un gommista a Battipaglia vende gli pneumatici in nero, a 10 euro, dopo non potrà di certo essere smaltito come Dio comanda, e allora si va dal Rom che lo brucia in campagna. La catena di questo sistema è difficile da spezzare, ma c’è bisogno di denunciare e di non abbassare la testa».