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Da Battipaglia a Przemysl, al confine tra Polonia e Ucraina, in poco più di 60 ore, per salvare una famiglia di Bucak che scappava dalla guerra. Il racconto del 64enne battipagliese Rosario Piccirillo.

«Bombe e aerei. Bombe e aerei. Mamma, non ce la faccio più» è la voce della piccola Maria Rosaria (traduzione italiana del suo nome ucraino) scappata a 4 anni dall’Ucraina, insieme alla sua famiglia, in direzione Battipaglia. Lo racconta Rosario Piccirillo, l’eroe battipagliese che martedì scorso, alle 16, a bordo della sua Volvo del 2004, è partito verso il confine polacco senza pensarci due volte: 4.000 km, andata e ritorno, e circa 800 euro di spese tra benzina e casello. «Ma non importa» racconta, con voce tremante, Piccirillo, «perché quando ci sono di mezzo i bambini non c’è da esitare».

Volvo 2004
La Volvo del 2004 a bordo della quale hanno viaggiato Piccirillo e Michele

A Przemysl, in questi giorni, il traffico di sfollati è impressionante: decine di migliaia di ucraini giungono alla stazione della cittadina polacca, nel voivodato della Precarpazia, a 15 km dal confine che divide le due nazioni. All’ospedale dedicato a Padre Pio di Przemysl, mercoledì scorso, ad attendere Rosario Piccirillo c’erano Tatiana (la moglie), Maria Rosaria (la piccola di 4 anni) e Michele jr. (il figlio 14enne), i tre componenti della famiglia di Michele senior, un 38enne di origini ucraine volato in Italia, per assistere la suocera con problemi di salute, poco prima che nel suo Paese scoppiasse il conflitto armato. «Michele voleva tornare in aereo – racconta Piccirillo – dalla sua famiglia. Aveva già pronti i biglietti, ma quando siamo arrivati a Napoli ha avuto paura. E allora non ci ho pensato due volte, l’ho accompagnato con la mia auto». Un viaggio tutto d’un fiato, durato quasi 27 ore, attraversando quattro nazioni: Slovenia, Ungheria, Slovacchia e Polonia. Prima di giungere alla volta di Przemysl, all’ospedale dove la famiglia s’era rifugiata perché la piccola bimba di 4 anni aveva accusato dei malori. Erano arrivati in Polonia con una macchina di fortuna partita da Bucak, piccola città dell’Oblast’ (l’equivalente delle nostre regioni) di Ternopil’ a Sud di Kiev. Conta 12.000 abitanti, ma presto saranno molti di meno. Perché le bombe, lì a Bucak, non sono ancora arrivate, ma le sirene degli aerei che si avvicinano suonano ogni notte.

Rosario Piccirillo
Rosario Piccirillo

Fa freddo a Bucak, come in tutta l’Ucraina, quasi tutto l’anno. Figurarsi a febbraio. Negli ultimi dieci giorni, però, fa più freddo del solito. Perché non si contano solamente i gradi, poco sotto o poco al di sopra dello zero, ma anche le bombe, le vittime, gli aerei, le strutture che crollano, e gli sfollati, disperati, che fuggono via dalla propria terra. «Il viaggio è stato pieno di difficoltà – aggiunge Piccirillo – abbiamo attraversato diverse montagne, e a causa di alcuni problemi tecnici con la perdita dell’olio siamo stati costretti a fermarci ogni 300 km circa. Lungo la strada riconoscevano che la macchina fosse italiana, e tutti ci chiedevano dove andassimo. Devo dire che ho visto grande solidarietà».

Gli ultimi chilometri, Piccirillo li ha percorsi anche ai limiti della velocità. «Siamo rientrati nella notte tra giovedì e venerdì – racconta il 64enne battipagliese – tutti sani e salvi. La famiglia era sofferente ed evidentemente tesa, quindi l’ultimo tratto ho cercato di percorrerli velocemente». In città è stato già ribattezzato “Piccirally” per l’impresa compiuta in poco più di 60 ore da Battipaglia a Przemysl. E la sindaca di Battipaglia, Cecilia Francese, è stata già allertata. «Abbiamo chiesto alla prima cittadina informazioni per eseguire dei tamponi e se, nei prossimi giorni, ci sarà possibilità da parte del Comune di adottare la famiglia» chiosa Piccirillo. Ma negli occhi e nella voce della famiglia ucraina c’è ancora tutto il terrore della guerra: «Il governo dice “scappate via dove avete rapporti, oggi è così ma domani non si sa”».