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In questi giorni per uno studio che sto conducendo sulla città di Battipaglia, mi sono appassionata alle immagini che riproducono l’originario centro abitato della nostra bella città denominato ‘comprese’.

Devo dire che qualche immagine era per me inedita, altre no, ma avevo avuto modo di apprezzarle sui vari social cittadini. Queste immagini, importanti per la forza espressiva e il valore documentario che rappresentano, purtroppo non parlano, non raccontano la loro storia, le vicissitudini, i perché di determinati avvenimenti e situazioni. C’è chi la storia sulle origini di Battipaglia quale colonia agricola la conosce, come me del resto, ma ci sono episodi, aneddoti, circostanze che si conoscono solo se si leggono i libri che trattano l’argomento, libri che troviamo nelle nostre biblioteche o nella biblioteca comunale.

Questo breve scritto vuole far conoscere, a quelle persone che un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di occasioni, o perché a scuola nessuno gliel’ha insegnate, le circostanze, i perché sulle origini della fondazione di Battipaglia quale colonia agricola, negli anni a partire dalla seconda metà dell’800’. 

Una breve lettura che potrà incuriosire chi non conosce la storia, e riaccendere l’interesse sull’argomento in chi invece la storia la conosce.

compreseLe origini di Battipaglia come colonia agricola si devono al Re Ferdinando II di Borbone, il quale nel 1857 a seguito del terremoto che distrusse le città di Vallo, Teggiano, Melfi ed altri paesi della Basilicata, decise di integrare il piano di bonifica della Piana di Battipaglia e del Sele, con la fondazione per gli sfollati di quelle zone, di una nuova colonia agricola, là dove si incrociavano due strade: una per Eboli e Persano e l’altra per Paestum. 

La bonifica si rendeva necessaria a cause delle paludi e degli acquitrini che da secoli ormai occupavano un territorio originariamente fertile e fecondo, la seconda necessità creatasi al momento, era quella di offrire lavoro e un tetto a chi aveva perso tutto nel terremoto.

L’obiettivo era di accogliere centoventi famiglie di senza tetto, e l’operazione prevedeva una spesa di circa cinquecento ducati per ogni nucleo da trapiantare.

Il Re Ferdinando II conosceva bene la Piana di Battipaglia, in quanto era amante della caccia e dei cavalli e spesso con tutta la corte al seguito si recava nella riserva di Persano dove c’era un importante allevamento di cavalli, e dove poteva contemporaneamente dedicarsi alla caccia.

Il progetto di bonifica e di costruzione della nuova colonia agricola fu affidato a Giacomo Savarese uno studioso di Scienze delle Finanze, il quale nell’ultimo decennio del Regno Borbonico si dedicò ai problemi di bonifica di territori paludosi.

Le voci di costruzione di un nuovo villaggio per gli sfollati della Basilicata, spinse la popolazione di quelle terre verso la Piana; ma il governo Borbonico dovendo necessariamente operare una selezione decise di assegnare le case solo ai Capi Famiglia che non superassero i 40 anni e che godessero di buona condotta politica e religiosa.

Fu così che si diede inizio alla costruzione di 20 edifici, a un piano, 120 casette che formavano 10 cortili, trasformati successivamente in strade, tutt’oggi esistenti che conferirono alle costruzioni un’impianto urbanistico di forma geometrica e regolare, ancora oggi visibile. 

Sono le “comprese”, dove nel 1929 con l’elevazione a comune autonomo di Battipaglia, trovò la sua prima sistemazione il Municipio (oggi attuale Deutsche Bank) e di fianco in un’altra compresa, i Carabinieri, dove oggi ha sede la Guardia di Finanza.

Le case erano ancora in costruzione quando l’esercito garibaldino annientava la resistenza delle truppe borboniche, e le “comprese” pur se oggi hanno perso, la forma originaria di case rurali e in molti casi sono state anche ricostruite in stile contemporaneo, conservano tutt’ora l’impianto urbanistico di primo consistente nucleo abitativo intorno al quale in poco più di un secolo e mezzo si è sviluppata Battipaglia.

Dopo l’impresa di Garibaldi il nuovo Governo destituì Savarese dall’Amministrazione delle Bonificazioni, la colonia agricola ancora non era stata completata, pur tuttavia nella primavera del 1860 tra le “comprese” incominciarono ad apparire le prime botteghe: una bettola, una rivendita di caffè, una farmacia e fu avviata perfino una rudimentale scuola serale, riservata a chi non sapeva né leggere né scrivere, ed erano quasi tutti. La nuova comunità prendeva corpo e coscienza.

Nell’aprile dell’anno successivo i lavori erano finalmente finiti e si potè dare corso alle assegnazioni. Non furono seguiti ovviamente, al cento per cento i criteri e la filosofia del Savarese.

Gli alloggi furono dati a coloro che potevano dimostrare la loro condizione di estrema povertà, certificare la buona condotta morale e, soprattutto, provare di non essersi compromessi col governo borbonico ed essere pronti a giurare fedeltà ai Savoia.

Furono così accettate soltanto 32 famiglie del gruppo storico: 9 da Atena Lucana, 9 da Rionero in Vulture, 3 da Polla, 3 da Caggiano, 2 da Auletta, 2 da S. Fele e 1 da Salvia, Moliterno, Castalsaraceno e Avigliano. Il resto dei fortunati proveniva da Montecorvino, Giffoni, Eboli, Olevano e persino dalla Valle dell’Irno. In tal modo prese forma il primo consistente nucleo abitativo battipagliese.

compreseAttorno alle comprese sorsero via via altre baracche e case rurali, soprattutto in prossimità del ponte sul Tusciano lungo la strada nazionale. 

Qualche anno dopo nel 1863, non lontano fu costruita la stazione ferroviaria, destinata a dare l’impulso decisivo a tutta la zona. Man mano che la terra diventava meno ostile, incominciarono a svilupparsi nuove aziende agricole e zootecniche. Pantani e acquitrini lasciavano sempre più il posto a fertili campi da arare.

La tenace opera dell’uomo incominciò a dare i suoi frutti e nella zona, con la ferrovia, arrivarono altri lavoratori, contadini, braccianti, artigiani, commercianti e imprenditori.

Il censimento del 1921 attribuiva alla frazione di Battipaglia 4678 abitanti, parte dei quali erano sparsi nelle fattorie e casolari della Piana, bonificata, ma dove era ancora presente la malaria in quanto nelle vicinanze del mare a S. Mattia, Aversana, Spineta e Santa Lucia erano presenti acque stagnanti causate dai numerosi avvallamenti. 

La malaria verrà definitivamente debellata dopo la liberazione, quando gli americani sbarcati con un potente insetticida, il D.D.T., che irrorato con un piano organico sotto la sapiente regia del medico provinciale, prof. Del Vecchio, debellò in modo radicale l’anofele, il portatore della malaria, mentre le idrovore, rimesse in funzione, prosciugavano gli ultimi acquitrini lungo il mare.

Battipaglia in meno di cento anni aveva raggiunto un numero considerevole di popolazione, basti pensare che anni prima le paludi della Piana non consentivano che rarissime presenze di abitanti, dislocati nelle grandi masserie e nei palazzoni dei principi Doria e di pochi altri signori della Piana.

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