Cristina per strada

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Passeggiando per Battipaglia mi sono più volte imbattuto in Cristina, questa signora di forse 60 anni che fino a poco tempo fa entrava repentinamente nelle auto ferme nel traffico, generando spesso panico e spavento tra i conducenti e i passeggeri. Non so chi sia, non so qual è la sua storia di vita, cosa l’ha condotta ad assumere questo atteggiamento, forse una tragedia. Me ne hanno parlato in tanti ed in passato l’ho vista in azione, era in un auto seduta sul sedile posteriore mentre il proprietario la pregava, o meglio imprecava di scendere mentre lei chiusa in un mutismo perfetto rimaneva ferma, immobile e compostamente seduta.

L’imperfezione del mondo e della natura umana, questo tumulto che è la vita, fatta di gioie e dolori, di altruismi e di violenza, di sbagli e redenzioni, si possono raccontare attraverso questa strana donna perché solo i matti superano determinati limiti, o solo chi supera certi limiti è considerato matto. Ripensando a quella donna ho pensato che ognuno di noi ha delle manie o delle fissazioni: c’è chi le vive sapendole gestire e chi invece non ha quella forza dentro perché è troppo permeabile al dolore.

Abbiamo tutti una piccola galassia che intercorre tra follia e ragione. Siamo eredi di noi stessi, noi stessi eredi, microscopici pulviscoli d’aria. Senza peso e con un futuro incerto, che è già qui senza che noi aspettiamo. E viviamo cercando di essere più raziocinanti possibili, in una lotta muscolare con le nostre umane debolezze. Però ogni giorno cerchiamo di nascondere i nostri difetti con machete, armature e trucchi vari, rendendo la nostra vita più faticosa e mutilante perché temiamo il giudizio altrui. Senza poterci mostrare fragili, senza poter affrontare il giorno o la notte ridendo o piangendo fino alla pazzia.
La nostra presunta perfezione non è migliore dell’imperfezione di quella donna, il nostro ordine non è migliore del suo disordine, la nostra ipocrisia non è assolutamente migliore della sua sincera pazzia.

C’è un pezzo di poesia di Walt Whitman che è perfetto per tutti noi:
Andare di corsa dove finalmente c’è spazio abbastanza e aria a sufficienza!
Svincolarsi da legami e convenzioni, io dai miei, tu dai tuoi!
Trovare un nuovo e sinora impensato accordo col meglio della Natura!
Avere la bocca libera dal bavaglio!
Sentire oggi e ogni giorno che noi bastiamo come siamo.
Oh, qualcosa di mai provato, qualcosa di simile all’estasi.
Sfuggire del tutto ad ogni ancora e a ogni presa.
Andare liberi, amare liberi, precipitarsi incauti e pericolosi.
Corteggiare la distruzione col sarcasmo e con l’invito.
Ascendere, saltare verso i cieli dell’amore che mi indichi, salire sin lassù con la mia Anima inebriata.
Perdermi, se così deve essere.
Nutrire il resto della mia vita con un’ora di pienezza e di libertà.

Io una sola volta ho corso il rischio che entrasse nella mia auto, ero in sosta nel parcheggio della stazione ad aspettare un amico e la vedo che mi viene incontro e con gesto veloce inserisco la sicura e lei mettendo la mano sulla portiera la trova chiusa e sul suo volto compare un sincero dispiacere. Voleva stare solo un po’ di tempo nella mia auto e a distanza di anni posso dire che il dispiacere è anche mio per aver messo quella sicura.
Avrei avuto qualcosa di più bello da raccontare. Avrei raccontato di essermi imbattuto in una donna interrotta di Battipaglia in quel momento che vive entrando nell’auto della gente, in quel momento breve di pazzia e di gioia suggerito da Whitman che dovremmo vivere tutti almeno una volta.