“Tanto gli italiani se la caveranno, come sempre…”

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In molti raccontano di come, costretti a uscire di casa per andare a lavoro, vengano fermati per un controllo e subiscono subito la prima assurda contestazione sull’ormai famoso modulo, che non è mai aggiornato alle ultime disposizioni, diventato il simbolo dell’arroccamento e del primato della burocrazia rispetto al buonsenso.

Per chi invece non deve recarsi a lavoro, restare chiusi in casa è necessario, anzi indispensabile per arrestare il contagio: ce ne siamo fatti una ragione tutti, ma di per sé non basta e non può durare a lungo, sia per le difficoltà psicologiche dell’isolamento, sia per la necessità delle persone di sostenere se stessi e la propria famiglia.

Gli inasprimenti, i divieti, le sanzioni – quelle sì celermente emanati – rispondono più a reazioni emotive, per soddisfare il popolo sempre pronto a volere un capro espiatorio, combinato alla propensione dei nostri politici di fare sempre propaganda a fini elettorali.

Il ricorso alla forza, il mito dell’uomo forte che stana i colpevoli, che li inchioda e magari gli dà fuoco, l’invito nemmeno tanto velato alla delazione e l’idea di usare i militari per il pattugliamento delle strade, tradiscono una certa improvvisazione di chi ci governa e tradiscono idee reazionarie che nulla hanno a che fare con il nostro ordinamento democratico.

La colpa vera forse è che essendo passato un mese dalla dichiarazione di pandemia, non c’è ancora in campo nessuna strategia alternativa e complementare alla quarantena e nessuno sa cosa la Regione Campania ha pensato di fare per il dopo 14 aprile.

Forse non abbiamo bisogno del padre-padrone autoritario, che diventa macchietta da social, ma di più test, di maggiori servizi alla comunità sul territorio, fuori dagli ospedali, e di risorse e protezioni adeguate per i medici lasciati soli in prima linea. I nostri politici dovrebbero guardare con interesse alla Corea del Sud imitandone i comportamenti virtuosi, piuttosto che all’altra Corea, quella del Nord.

La situazione è critica ovunque, ma una battuta di ieri del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è emblematica: “Non so se ci è sfuggito qualcosa“. Queste stringate parole spiegano il disastro.

Spiegano quello che già i dottori denunciavano a gran voce, e cioè che in Lombardia, come nel resto d’Italia, non c’è mai stato un protocollo unico di intervento, non si è deciso prima che i pronto soccorso non potevano accogliere persone con sintomi simil influenzali o polmoniti, non si è pensato di rifornire gli ospedali di dispositivi DPI. Soprattutto, non si è pensato a preparare i medici di base. Nulla. E il disastro avvenuto negli ospedali ne è il risultato.

I luoghi in cui dovevamo essere curati, stare al sicuro, sono diventati troppo spesso i luoghi del contagio per pazienti e personale sanitario. E, di conseguenza, per la Lombardia tutta. Gli ospedali lombardi (da Codogno e Alzano a seguire) sono tra i più importanti focolai della regione. E lì sono stati contagiati e sono morti tanti anziani che erano ricoverati lì per un femore rotto o che erano stati lì solo di passaggio, magari per un prelievo. E i decessi, come i contagi, oggi sono sottostimati, perché i malati si lasciano morire a casa.

Ovunque in Italia (escludendo forse solo il Veneto) mancano ambulatori e procedure che consentano di effettuare test senza contatto. Nelle aree più colpite chi ha sintomi non sempre viene testato e curato. Semplicemente si aspetta, si spera.

Ora è il tempo di salvare quante più persone possibili, ma occorre anche sapere quale sia il piano a lungo termine, piano con cui potremmo tornare a lavorare senza troppi rischi, in modo da far ripartire l’economia, o almeno alcuni suoi comparti e senza temere di compromettere la salute di qualcuno e sopratutto senza dovere vedere disordini tra le strade.

Nel frattempo dobbiamo smettere di bollare come nemico, o come chiacchierone che non si rende conto dello sforzo che si sta compiendo, chiunque chieda pacatamente trasparenza e aggiustamenti di rotta. Dal momento che si è deciso (giustamente) di rafforzare la quarantena e inasprire le sanzioni, sarebbe giusto sapere se e quali progressi si stanno facendo? Quale sarà la politica dei tamponi?

Come verranno tracciato gli infetti? Come verranno gestiti gli ospedali campani, visto che fuori al Cotugno l’altra sera i malati erano nelle tende? Perché si fa sempre più strada in me, e immagino anche in tanti altri italiani, la sensazione che da noi si sia scelta la via sciagurata del “Tanto gli italiani se la caveranno come sempre, troveranno il modo, saranno responsabili, faranno rinunce, in un modo o nell’altro ne usciranno e quindi ne usciremo“.